L’isolamento sociale in Adolescenza costituisce un evento molto doloroso in quanto il ragazzo, nel tentativo di svincolarsi dalla famiglia, utilizza il gruppo di pari come base affettiva sostitutiva. Il gruppo costituisce , quindi, un nuovo luogo sicuro in cui sperimentare nuovi legami sulla base dei modelli relazionali precendenti e nuovi modi di essere nel mondo. Quando il gruppo, però non assolve a questa funzione protettiva, l’adolescente vive un dolore paragonabile a quello fisico. Non avrebbe un luogo sicuro in cui sperimentare nuovi modi di essere e questo potrebbe inibire il processo di svincolo e l’ integrazione di un nuovo senso Se’. Inoltre, in Adolescenza, il cervello è sottoposto ad una selezione delle connessioni sinaptiche detto pruning (potatura). Le esperienze che avvengono durante l’adolescenza rischiano di lasciare una traccia più profonda proprio a causa di questo processo di selezione dei “ricordi più più importanti” o reazioni emotive più stabili e durature. Il dolore da isolamento, inoltre, sembra assolvere un’innata funzione protettiva presente già nel neonato, che permetterebbe al bambino di “restare attaccato alla madre” ed evitare il pericolo. Quindi sintetizzando il dolore dell’adolescente che subisce un isolamento sociale è un dolore paragonabile al dolore fisico che assolve ad un ‘importante funzione protettiva che permette al ragazzo di restare connesso all’altro da Sé. Mentre in infanzia l’altro è costituito dal care-giver, in Adolescenza dal gruppo dei pari, che oltre a rappresentare una base affettiva, rapprrsenta anche una palestra in cui sperimentare nuovi legami. L’isolamento può essere un processo molto doloroso. È bene non sottovalutare i segnali di tristezza, rabbia o aggressività che il ragazzo ci manda per aiutarlo a connettersi con cosa prova , da dove viene e permettergli di elaborarlo. Di seguito il video della dr.ssa Giada Lauretti che racconta uno studio sul dolore da isolamento nell’adolescente. Questo studio ci aiuta a guardare con occhi diversi alcuni segnali che i nostri ragazzi ci mandano.
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