Ci sono dei momenti, più o meno complicati nella vita di ognuno.
Per alcuni di noi, questi periodi difficili sono in grado di condizionare scelte, umore, sensazioni ed anche emozioni generando solo sentimenti e sensazioni di disagio.
Questo disagio nel mio caso era diventato incontrollabile e continuo: più passava il tempo e più riuscivo a calarmi in situazioni di vita e relazioni che riuscivano solo ad alimentare negatività.
Come in un circolo vizioso, più disagio provavo e più situazioni negative mi capitavano. Sembra una banalità, ma davvero come una specie di tossicodipendente non riuscivo a spezzare questo anello.
E’ stato a quel punto che silenziosamente sono andata a cercare un aiuto, senza dire niente a nessuno: ho aperto internet ed ho iniziato a cercare scoprendo che quello che accadeva a me non era una mia prerogativa ma succedeva a tanti a volte in maniera anche più patologica. Ho deciso allora di intervenire: perché ormai le cose che credevo di amare non mi provocavano più benessere; l’ansia era altissima; l’insicurezza non ne parliamo proprio così come la fiducia nel prossimo e nei buoni sentimenti.
Ho mandato una mail…chiesto un recapito e preso un appuntamento.
Sia chiaro: non è semplice affatto farsi aiutare e mettere a nudo se stessi davanti ad un estraneo: all’inizio ho anche creduto di poter mentire ma ho voluto provare.
E’ iniziato così un percorso, inizialmente molto noioso per me che ho sempre una certa frenesia di risoluzione delle cose e tanta titubanza. Ricordo però chiaramente che specie nei primi mesi, ogni considerazione fatta durante le sedute, diventava per me spunto di riflessione personale che avveniva tra un appuntamento e l’altro.
Ed effettivamente è proprio quello che mi è successo: srotolando me stessa, piano piano, riflettendo a quattro mani su quello che provavo, con molta pazienza e fiducia molti nodi sono venuti al pettine.
Sia chiara una cosa: se una persona è sensibile o emotiva non può “guarire” da se stessa, ma certamente può imparare a capire, in merito ai sentimenti negativi, cosa li genera ma soprattutto quando e a volte anche perché. Ho imparato a capire perché funziono in una certa maniera, accettando il mio modo di essere e cercando di farne tesoro soprattutto essendo preparata alle situazioni negative nel momento in cui ne incontro. Magicamente e meravigliosamente le relazioni negative sono scomparse: non ho ucciso nessuno, né mandato a quel paese le persone, ma semplicemente non ho avuto più “bisogno” di loro. Tanto che proprio nel momento di autonomia emotiva più solida ho iniziato a costruire il mio futuro, più pulito e più in linea con la mia emotività.
Non è semplice: la psicoterapia è un lavoro continuo che facciamo con noi stessi, ma l’ho trovata più interessante che traumatica; ci sono momenti in cui abbiamo meno fiducia nel lavoro svolto e ci sono momenti di alti e bassi… in alcuni momenti si vorrebbe smettere perché non si ricevono subito le risposte. Devo dire che essere pazienti nel mio caso è stato fondamentale.
Non ho cambiato me stessa, ma dopo alcuni anni riesco a gestire quella che sono con molta più serenità, in modo che, nei momenti più complicati, provo ad avere fiducia nelle mie capacità.
Consiglierei a chiunque di fare un percorso conoscitivo di se stesso: male non può fare.
Spiegazione Psicologica
Sara è una Giovane donna di 36 anni. Giunge in seduta lamentando problematiche di tristezza, angoscia, ansia, stanchezza,. Soprattutto emerge la difficoltà ad elaborare la perdita e le separazioni. Dal racconto della sua storia affiora una certa coazione a ripetere legami con uomini da cui si sente costantemente umiliata, denigrata e da cui si lascia infliggere ferite che rendono sempre più difficile la ripresa. Nel corso dell’analisi emergono pensieri inconsci autosvalutanti che la conducono verso situazioni dove accetta inerte di essere ferita e punita.
Durante il racconto, si evidenzia che è proprio ’ una parte della stessa Sara a pensare di essere “sbagliata”, di avere “qualcosa che non va”, di dover essere punita.
Sara non può difendersi da legami dove viene umiliata perché sotto sotto, anche se non ne è consapevole, crede sia quello che merita:. I suoi sensi di colpa inconsci la portano a punirsi con relazioni sbagliate da cui esce costantemente distrutta.
Per quanto la personalità abbia un’eziologia multifattoriale in parte genetica, in parte ambientale, nella storia di Sara si evidenziano esperienze significative per il suo modo di essere. In particolare, dal racconto si evince un legame con un care-giver molto emotivo incapace di contenere le sue angosce ma bisognoso esso stesso di contenimento e di aiuto. Sara impara così a “contare solo su sé stessa” portandosi dietro, però, un profondo senso di solitudine, un forte senso di angoscia abbandonica che la conducono alla ricerca disperata di legami che possano riempire il suo vuoto e da cui fa fatica a separarsi Nello stesso tempo non è in grado di cercare rapporti in grado di “correggere” quelle relazioni deludenti perché dentro di Sé è maturata l’idea , anch’essa inconscia; che quel vuoto e quella solitudine siano dettate da una sua colpa, o da un suo “difetto”. Ed ecco che Sara cerca con tutta sé stessa di riempire quella mancanza ma il suo senso di inadeguatezza non le permette di cercare relazioni soddisfacenti ma solo rapporti che la fanno soffrire perché in fondo lei crede che “è quello che merita”.
Solo quando si renderà conto di questo meccanismo riuscirà gradualmente a proteggersi, a pensare di poter meritare altro, a rifiutare il sadismo a cui precedentemente si attaccava come unica fonte di soddisfacimento affettivo. Ne emergeranno nuovi legami dove finalmente non si sentirà dominata e che gradualmente miglioreranno il suo senso di sicurezza e la sua angoscia di perdita. E’ da questa consapevolezza che si dispiega un primo cambiamento che spinge Sara a sperimentare nuovi modi di essere nel mondo. Da quel punto e dalla ripetizione di nuove esperienze inizia la ripresa