Nel 1911 Bleuler parlò di un gruppo di patologie caratterizzate da “sintomi fondamentali”, necessari alla diagnosi, ed “accessori” (Bleuler, 1911) ovvero presenti in alcune forme di disturbo ma non indispensabili alla diagnosi. Secondo Bleuler assumeva un ruolo centrale nel disturbo un gruppo di sintomi detti fondamentali tra cui l’autismo e l’appiattimento affettivo. Per parlare del disagio, ovvero, era necessario che il soggetto fosse chiuso al mondo esterno, incapace di creare relazioni intersoggettive con l’altro da Sè e che avesse ridotto al minimo la propria risposta emotiva nei confronti dell’ambiente. In questi soggetti, quindi, troviamo spesso una sorta di indifferenza al mondo esterno ed una mancanza di risposta emotiva agli stimoli ambientali detta “appiattimento affettivo”.
Tale condizione rappresenta il punto di partenza di tali disagi?
Correale descrive il percorso verso il disagio come una lotta contro “l’inermità, l’impotenza e la passività”, un terrificante percorso, potremmo dire, drammatico e spaventoso, verso il disagio che condurrebbe, solo una volta superato una sorta di “punto di non ritorno”, alla “passività” ed “all’inerzia” (Correale, 2000).
Dunque l’anaffettività sarebbe solo il punto di arrivo della patologia preceduto da una lunga fase, una lotta angosciante, contro l’indifferenza.
Il momento che precede l’anaffettività potrebbe essere il momento proficuo per l’intervento, volto a prevenire l’instaurarsi di un disagio più importante sicuramente difficile da curare.
In tal senso ci sembra interessante citare quanto evidenziato da Ping-Nie Pao rispetto all’emotività di alcuni soggetti. Quest’ultimo (Pao, 1979) descrive l’indifferenza emotiva come un elemento utilizzato a scopo difensivo. Citando Bleuler considera indubbia la capacità di questi soggetti di produrre affetti e l’appiattimento come la “migliore soluzione possibile” all’angoscia: come ogni altra persona, dice Pao, il soggetto deve elaborare stimoli affettivi ed ambientali che possono in lui attivare desideri, rabbia o paure persecutorie o più in generale una condizione di angoscia che Pao definisce “panico organismico”. Volendo evitare la condizione di angoscia, egli utilizza l’indifferenza come unica o “migliore soluzione possibile” (Pao, 1979). In tal modo, riesce ad attenuare l’effetto degli stimoli esterni ed interni non appena li percepisce (ivi). La cronicità ed il passare del tempo giocherebbe un ruolo chiave nel consolidamento dell’indifferenza come difesa, mentre nelle fasi acute questa non sarebbe ancora pienamente sviluppata, quindi il soggetto potrebbe ancora mostrare segni di labilità emotiva. Dunque, “l’appiattimento affettivo” (Bleuler, 1911) sarebbe, in linea con questa teoria, un aspetto centrale nelle patologie croniche ma non ancora ben consolidato nelle fasi precedenti. In tal senso ci sembra interessante anche l’ipotesi di Grivois (Grivois, 1999), il quale descrive l’esordio della patologia come un “debordare del tessuto emozionale preriflessivo e preverbale” tanto che il soggetto “ne viene invaso e ne viene fatto esplodere fino ad allontanare la realtà” (ivi). La nascita del disagio, secondo lui, è un emergere di “emozioni-cognizioni” o di “tracce relazionali profonde” (memorie implicite) attivate da ulteriori relazioni. Secondo Grivois, il distacco del soggetto dal tessuto emotivo costituirebbe un aspetto già cronicizzato di quest’ultimo, indotto in parte dall’azione cronicizzante dei farmaci, in parte dall’aspetto relazionale della prescrizione che potrebbe corrispondere ad un messaggio di indisponibilità affettiva. Nonostante la posizione estrema, ci sembra interessante la prospettiva di un esordio caratterizzato dal “protomentale in eccesso” (Lago, 2006), che vede nel ritiro, nell’appiattimento affettivo e nella chiusura l’unica soluzione possibile al dolore; congruente con tale impostazione ci sembra anche la visione di Birchwood, il quale evidenzia come spesso quello che noi vediamo delle patologie è solo il risultato di un lungo percorso che non sempre conduce alla cronicità (Birchwood, 2005).
Dunque secondo queste ipotesi l’appiattimento affettivo e l’indifferenza sarebbero solo il punto di arrivo di una lunga lotta contro l’inermità e l’indifferenza. Le nuove linee di tendenza evidenziano che anche nei disagi più gravi sarebbe possibile prevenire l’instaurarsi di disagio cronico intervenendo precocemente.